Page 1 - le miniere di zinco della lombardia rmi3-92-4-92
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RIVISTA MINERALOGICA ITALIANA 3-1992 Introduzione Questo articolo è il primo di una serie che riguarderà le miniere della Lombardia: abbiamo preso in considerazione, oltre agli aspetti mineralogici, anche quelli geologici, minerari, storici e socio- economici i quali (specie gli ultimi) hanno condizionato l'attività mineraria della Lombardia e delle altre Regioni d'Italia. Diciamo subito quali sono i limiti del presente lavoro: non aggiungeremo molto di nuovo alla mineralogia di questi luoghi. Il nostro scopo infatti è quello di contribuire alla rivalutazione del nostro patrimonio mineralogico, troppo spesso ingiustamente sottovalutato. Anche se le possibilità di ritrovamento, così come le disponibilità di campioni mineralogicamente validi non sono più quelle di un tempo, per raggiungere il nostro fine ci sentiamo in dovere di rendere omaggio a questo angolo d'Italia, ricco di storia, di tradizioni e di brava gente. Ciò è possibile solo presentando ai nostri lettori una documentazione storica preliminare. Infatti, se oggi molti di noi possiedono minerali di queste zone il merito lo devono soprattutto agli instancabili lavoratori delle miniere; alle loro piccole e grandi storie obliterate dalle vicende industriali delle Società Minerarie che si sono avvicendate, nel corso dei decenni, nella gestione di queste miniere. Localizzazione delle zone minerarie. Prenderemo in particolare considerazione le miniere appartenenti al cosiddetto Distretto Piombo- Zincifero di Gorno: tale zona è localizzata a una trentina di chilometri a Nord di Bergamo, tra le valli Brembana e Seriana e comprende le aree minerarie di Oltre il Colle (VaI Vedra - VaI Parina - M. Arera), della Val del Riso (Gorno - Oneta) e di Monte Trevasco. Tuttavia in Lombardia si hanno altre manifestazioni zincifere di minore importanza che verranno estesamente trattate in uno dei prossimi articoli. Esse sono localizzate, ad esempio, presso Barghe e Provaglio in Valsabbia, Costa Ricca presso Bovegno, Torgola e Cimmo in VaI Trompia, in comune di Valbondione, di Valtorta, in Valle Finale (comuni di Incudine, Edolo, Manno) , di Camisolo in Valsassina, in Vai Camonica, presso Bormio (Pedemoletto), sul Lago di Corno (miniera della Gaeta) e in Vai Cavargna; altri piccoli depositi zinciferi sono noti presso Gromo (Val Seriana) e presso Ardesio, a Teveno e Vilmaggiore nella Val di Scalve nonchè presso Maccagno (Lago Maggiore) e in altre località. Storia mineraria. La tradizione fa risalire la coltivazione delle mineralizzazioni a piombo e zinco all'epoca romana quando, per i lavori minerari, venivano inviati i condannati “ad metalla”. I Romani avevano infatti individuato, nelle Alpi Graie, tali minerali denominando il solfuro, cioè la blenda (sfalerite), Sallustianicum, dal nome dell'amico di Augusto, Sallustio: meglio ancora conoscevano e coltivavano le calamine del bergamasco. La VaI Brembana si era fatta un nome a produrre minerali di zinco. Si producevano ottoni con quella "Calmia”, oggi "Calamina" , anche se non si conosceva ancora il metallo base, lo zinco e il “ Fit aes es lapide aeroso quem vocant calmiamo Celebritas in Asia et quondam in Campania, nunc Bergomatum agro, extrema parte ltaliae” di Plinio è una inoppugnabile documentazione al riguardo. Umberto Savoia racconta che nella miniera Vaccareggio erano state trovate molte gallerie strettissime capaci di contenere un uomo carponi (metri 0,30 * 0,40). Si trattava di gallerie scavate con attrezzi manuali e in esse si notavano, talora, piccoli incavi adatti a contenere dei lumi; in effetti si rinvennero pure lumi in terracotta e utensili di metallo che, secondo gli storici dell'epoca, erano uguali a quelli usati dai Romani. Si parla di lavori medioevali dei Pisani che avrebbero cercato di estendere questa attività già perpetrata in Sardegna. Scarse sono le notizie sullo sfruttamento dei giacimenti durante la dominazione Veneta (durata fino
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