Page 2 - Microsoft Word - Livio Cambi
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I trattamenti elettrolitici delle calamine italiane Con lo stabilimento di Nossa (Bergamo)azionato nel 1952,in piena funzione nel 1953 ed attualmente si è chiuso quel ciclo di vaste esperienze industriali, compiute in Italia dal 1916 in poi,per il trattamento elettrolitico delle calamine di cui ebbi la ventura di dedicarmi dai primordi. Le calamine occupano un posto di primo piano nelle iniziative italiane per la metallurgia italiana dello zinco, sia nel periodo precedente la prima guerra mondiale , che possiamo considerare preparatorio,sia in quello delle più stabili realizzazioni che 5niziarono durante la guerra stessa e furono da questa eccitate. Tutti i tentativi di evasione dal processo termico classico, con i forni elettrici, con l’elettrolisi, in Italia si mossero dalle calamine: la blenda occupava una posizione secondaria. Più tardi, dopo il 1925, la flottazione doveva valorizzare le blende. Quando nel dicembre del 1916 mi si poneva il problema del trattamento, elettrotermico od elettrolitico, dei minerali di zinco, mi si indicavano le calamine delle valli bergamasche. Le mie esperienza dell’inizio, del 1917, riguardavano appunto la lisciviazione solforica di quei minerali. Dopo vennero le calamine di Monteponi. I trattamenti dei carbonati (Smithsonite, idrozincite) non diede difficoltà. Quello delle calamine silicate,che erano e sono le più importanti, presentò gravi inconvenienti recati dall’elevato tenore di silice solubile, che saliva fino a 12 parti e oltre su 100 di zinco. In entrambi i casi si presentava poi la difficoltà dell’alto tenore di calcio e magnesio. In quel momento si delinearono da un lato le possibilità del trattamento elettrolitico delle calamine ferrifere di Sardegna, non silicate e scarsamente magnesifere, dall’altro delle blende di Vallauria (Tenda). L’utilizzazione delle calamine silicate venne rimandata. Allora si svilupparono e sorsero, con i procedimenti da me elaborati, e su mio esclusivo progetto, i due impianti l’uno di San Dalmazzo di Tenda (Cuneo) , per le blende della vicina miniera di Vallauria; l’altro pilota, per le calamine ferrifere, presso lo stabilimento per zinco termico di Vado Ligure (Savona) della società di Monteponi. Entrambi funzionarono nel 1921. L’impianto sperimentale di Vado Ligure, forniva le basi del progetto dell’officina elettrolitica di Monteponi, entrata in funzione ai primi del 1926, e tuttora attiva, con una capacità annua di 8000 t di metallo (1). La produzione elettrolitica si è basata finora soprattutto sulle blende. Si anno le note officine di Marghera (Venezia), della società di Montevecchio, entrata in funzione nel 1936 , e di Crotone (Calabria) della società di Pertusola (del gruppo Peñarroya) attivata nel 1928. La prima elabora esclusivamente le blende di flottazione della miniera di Montevecchio (Sardegna); la seconda principalmente le blende analoghe di Genna Mari ed Ingurtoso e, per una frazione, calamine della Sardegna. Ma per quanto notevoli siano gli impianti predetti, la più saliente caratteristica della tecnica elettrolitica, sviluppatasi in Italia dal 1916 in poi, è presentata dalle officine che trattano o possono trattare, esclusivamente calamine, e cioè quella di Monteponi (Cagliari Iglesias) e l’altra di Nossa, su ricordate. Le disponibilità italiane di calamine si sono di recente accresciute, poiché,con i processi di flottazione, o con altri mezzi, si cerca di valorizzare le ingenti discariche residue delle antiche laverie meccaniche delle vecchie miniere, contenenti dal 10 al 15% di zinco, e anche oltre, in alcuni casi. Il trattamento elettrolitico delle calamine anche per ciò ha presentato e presenta possibilità di nuovi sviluppi. Non si esclude che il metano, la cui produzione va sviluppandosi nell’Italia del nord, e l’utilizzazione razionale dei notevoli giacimenti di carbone del Sulcis, possano recare future notevoli affermazione dei processi termici, ma per il momento il processo elettrolitico è quello che più risponde alle condizioni italiane, anche per l’estrema adattabilità ai minerali più diversi, come lo attesta l’esercizio dell’officina di Nossa. Era pertanto opportuno illustrare la metallurgia cui accenno, perla singolarità che presenta.
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