Riconoscimento ai minatori deportati in tempo di guerra

By Fabrizio, 24 Gennaio 2015

medaglia 

La medaglia

DSCF2159

(nella foto Amerigo e Diego e Fabrizio durante il lavoro di ricerca della documentazione necessaria presso l’Archivio di Stato di Bergamo)

oggi 1 novembre 2015
Accolte 16 delle 28 domande per il ricomoscimento ai minatori di Gorno deportati nei campi di prigionia in tempo di guerra.
Presentate dall’associazione al PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Comitato per la concessione di una medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti (art.1, commi 1271-1276, legge n.296 del 2006)

 

24 gennaio 2016

GIORNATA DELLA MEMORIA 2016 – PER NON DIMENTICARE –

IL 27 GENNAIO 2016 VERRANNO CONSEGNATE DALLA PREFETTURA IN S.AGOSTINO 16 MEDAGLIE D’ONORE AI MINATORI DELLA VALLE DEL RISO DEPORTATI IN GERMANIA NEL CAMPO DI LAVORO DI KAHLA IN TURINGIA

Il rastrellamento
L’11 aprile 1944 a Campello , il villaggio minerario di Gorno , in una retata da parte dei tedeschi molti minatori gornesi e onetesi vennero caricati su un camion e portati fino alla stazione ferroviaria di Ponte Nossa; da qui con il treno furono deportati in Germania. A quell’epoca le miniere erano gestite dalla S.A. Nichelio e Metalli – Gruppo di Gorno, facente parte del gruppo A.M.M.I.
I minatori di Gorno deportati in quell’occasione (salvo omissione involontaria) furono: Cabrini Martino
(classe 1923), Cabrini Giulio (1925), Cabrini Palmino (1925), Calegari Giulio (1920), Calegari Pierino
(1923), Gibellini Gino (1925), Gibellini Luigi (1926), Gibellini Pierino (1924), Grassenis Maurizio
(1923), Guerinoni Sperandio (1925), Maringoni Lino (1924), Perani Alberto (1925), Poli Stefano
(1924), Quistini Emilio (1923) Quistini Pietro (1925), Quistini Pietro (1926), Quistini Sperandio (1925),
Serturini Giovanni Pietro (1921), Varischetti Giacomo (1925), Varischetti Pietro Giuseppe (1916) e
Zanotti Emilio (1921); quelli di Oneta furono: Epis Giacomo (classe 1923), Pizzamiglio Gabriele
(1924), Poli Ettore (1923), Rodigari Giovanni (1923) e Borsari Giuseppe (1921), di Chignolo d’Oneta).
Qualcuno però riuscì a fuggire. Quando l’autocarro giunse alla curva a gomito prima dell’abitato di
Fondo Ripa, dove c’è la santella “Regolini” ed inizia il sentiero che porta alla chiesa parrocchiale, alcuni
minatori riuscirono a scendere e rimasero sdraiati per terra. Non appena il camion scomparve oltre le
case risalirono lungo il sentiero verso la parrocchiale, quindi si dispersero andando a rifugiarsi in luoghi
diversi.
Il campo di lavoro di Kahla
Gli altri minatori invece vennero tutti deportati nei campi di lavoro di Kahla, una cittadina della
Turingia, e messi a lavorare in un impianto industriale ospitato in gran parte in gallerie sotterranee
scavate sotto l’altura di Walpersberg, in vecchie miniere di sabbia per porcellana, dove dall’aprile 1944
vennero realizzati i primi aerei a reazione Messerschmitt Me 262.
La maggior parte dei deportati “rastrellati” a Campello furono assegnati al campo di Rosengarten.
I campi di lavoro di Kahla erano dieci ed erano distinti in “costruttivi” e “ produttivi”. Le condizioni di
vita erano peggiori nei campi “costruttivi” ove erano internati i nostri minatori, impiegati nella
costruzione di gallerie. Sino al termine della guerra ne sarebbero state scavate 75 e per uno sviluppo di
32 chilometri e una superficie di circa 10.000 metri. Nei campi “produttivi”, ove erano internati gli
operai che costruivano gli aerei, la vita era un po’ meno grama.

Nei campi di Kahla lavoravano 15.000 circa persone e le morti per stenti, fame (il pane era composto di
segale e segatura di pioppo) e maltrattamenti furono 6.000 circa. Gli internati dovevano compiere tutte
le mattine un tragitto a piedi di 6 km per arrivare sul posto di lavoro, che iniziava alle sei e durava sino a
dodici ore; ogni tre o quattro ore avevano pochi minuti per mangiare un tozzo di pane ed alla sera
ritornavano nelle camerate stanchi ed affamati. Ma questo era nulla in confronto alla violenza dei
sorveglianti.
Nel marzo 1945, nell’imminenza dell’arrivo degli Alleati, per gli operai di Kahla fu emessa una
sentenza di morte. Dovevano essere portati tutti nelle gallerie, poi gli imbocchi sarebbero stati fatti
saltare. L’incarico venne dato a un maggiore della Luftwaffe, Georg Poltzer, il quale però non eseguì
l’ordine, probabilmente per un freddo calcolo. Le truppe americane erano già vicine, la guerra era ormai
persa, e di questo grave crimine avrebbe dovuto rispondere a un tribunale alleato.
Giusto un anno dopo che i nostri minatori erano stati “rastrellati”, l’11 aprile 1945 i tedeschi
evacuarono i campi. I prigionieri vennero fatti marciare per giorni e notti senza una meta apparente,
sotto la sorveglianza armata della milizia popolare nazista con cani poliziotto.

La liberazione
Nel frattempo tra il l2 ed il 13 aprile l’intera zona di Kahla era caduta in mani Alleate. Una mattina al risveglio i prigionieri non
trovarono più le guardie, erano stati abbandonati. Ben presto però incontrarono delle truppe americane.
Il ritorno a casa dei nostri deportati avvenne poi in tempi diversi: chi a giugno, chi a luglio ed agosto del
1945
.
Grassenis Maurizio nel 1987 ha lasciato una testimonianza che si riporta integralmente: “Il sottoscritto
Grassenis Maurizio nato il 14.9.1923 a Oneta, residente a Gorno in via Lungo Riso, dichiara di essere
stato deportato civile in Germania e internato nel campo di concentramento di Kahla, Turingia. La
partenza avvenne in data 11 aprile 1944. La prigionia ha avuto la durata di 16 mesi. Durante la
suddetta prigionia sono stato costretto a svolgere un’attività lavorativa giornaliera di 11 ore per la
costruzione sotterranea di uno stabilimento. Dichiaro inoltre che l’alimentazione era insufficiente e il
trasferimento giornaliero di noi prigionieri dal campo di concentramento alla zona di lavoro e
viceversa avveniva sotto strettissima sorveglianza di unità di Polizia Tedesca. Data la scarsa nutrizione
e le cattive condizioni ambientali e di vitto molti dei miei compagni persero la vita. Ad avvalorare
questa mia dichiarazione, se richiesto, posso fornire le testimonianze dei miei compagni che hanno con
me condiviso questa prigionia e che tuttora vivono nel mio paese”.

L’ex voto al Ss. Crocifisso
Tutti i deportati gornesi ritornarono alle loro famiglie, tant’è vero che fecero realizzare un “ex voto”,
tuttora conservato al santuario del S.S. Crocifisso; il quadro riporta questa iscrizione: “Dalla dura
prigionia tedesca tra immensi pericoli liberati e condotti in patria questi giovani di Gorno sciolsero al
divin Crocifisso l’espressione devota della loro eterna riconoscenza”.

Ma quante volte durante la prigionia le loro mamme e sorelle si erano recate a piedi scalzi al “Crocifisso”, invocando l’aiuto del
Signore per la loro liberazione. Anche tutti i deportati di Oneta fecero ritorno alle loro case.
Durante la prigionia nei campi di concentramento di Kahla i nostri minatori ebbero l’occasione
d’incontrare un altro deportato, gornese non di nascita ma d’adozione, Consoli Ulderico, che purtroppo
vi perse la vita.
Quanto scritto trova riscontro anche in quanto riferito dal deportato Calegari Pierino, recentemente
scomparso.
Oltre ai minatori deportati, in quegli anni altri giovani della nostra valle vennero tenuti prigionieri in
campi di concentramento tedeschi. Si ricordano: Gibellini Mosè (classe 1922) nel campo di Ammer,
Serturini Mario Antonio (1924) a Buchenwald, Guerinoni Giovanni Angelo (1922) e Corlazzoli
Benvenuto (1915) ad Amburgo, Guerinoni Emilio Mario (1916) a Ermestein, tutti di Gorno e Borlini
Giuseppe (classe 1923) di Chignolo d’Oneta a cui venne minacciato l’incendio della casa qualora non si
fosse consegnato ai tedeschi.

Il riconoscimento morale dello Stato Italiano del sacrificio
La legge 296 del 27/12/06 articolo 1 commi 1271-1276 “della Repubblica Italiana riconosce a titolo di risarcimento , soprattutto morale , il sacrificio dei propri cittadini deportati ed internati nei Lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale” e prevede la concessione di una medaglia d’onore a tutti gli internati ancora in vita, o se deceduti, ad uno dei suoi familiari che inoltrerà la richiesta a nome e per conto degli altri familiari.
Il legislatore italiano, dopo aver sancito che “la Repubblica italiana riconosce, a titolo di risarcimento soprattutto morale, il sacrificio dei propri cittadini deportati ed internati nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale” ha individuato nella “medaglia d’onore” un opportuno riconoscimento simbolico.
La consegna della onorificenza ai superstiti o alle loro famiglie è stata idealmente collegata ed ha luogo alla data del 27 gennaio, “Giorno della Memoria”, istituito con la legge del n. 211 del 20 luglio 2000, approvata

all’unanimità da tutte le forze politiche per ricordare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti e rendere omaggio alle numerose vittime, nonché a tutti coloro che, a rischio della propria vita, si sono opposti al progetto di sterminio nazifascista, salvando vite umane e proteggendo i perseguitati: in tale data, infatti, si commemora il 27 gennaio del 1945, quando i soldati dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz abbattendo i cancelli del più esteso luogo di sterminio nazista.
La richiesta delle onoreficenze
Alla luce di tutto quanto sopra detto l’ associazione culturale “Le officine del Grem 1.0”, si è fatta promotrice della ricerca dei nominativi dei compaesani di Gorno, deportati ed internati nei lager e campi di lavoro nazisti , e della successiva raccolta ed inoltro , per conto dei parenti interessati ;sono state raccolte 28 richieste di concessione della medaglia d’onore all’Illustrissimo Presidente del Consiglio dei Ministri come da legge sopracitata.
Nel 2014 è stata fatta la ricerca e nel 2015 sono state istruite ed inoltrate le 28 domande .
A novembre del 2015 ci è stata confermata la concessione di 16 benemerenze che verranno consegnate ai parenti durante la cerimonia organizzata dalla Prefettura di Bergamo il prossimo “Giorno della Memoria “, 27 Gennaio 2016 in S.Agostino , Città Alta di Bergamo
alle ore 16 .
La nostra associazione organizzerà poi un incontro a Gorno dove verranno ricordate non solo le 16 medaglie d’onore assegnate ma anche tutti gli altri deportati Gornesi che per motivi esclusivamente burocratici (ad es. la mancanza di documentazione scritta) non hanno visto accolta la domanda di concessione della benemerenza; durante l’incontro verrà proiettato un docufilm centrato sulla deportazione nel campo di lavoro di Khala teatro dei patimenti dei minatori di Gorno internati nel 1944-45 e presentato da una associazione di Como autrice del documentario , sono già state coinvolte le scuole del Paese che saranno invitate a portare il loro lavoro , una loro ricerca sul tema e sarà sentita anche una ricercatrice di Gorno che sta svolgendo una tesi proprio su questo triste avvenimento.

Per non dimenticare
L’Associazione culturale “Le Officine del Grem 1.0” è orgogliosa di aver organizzato questa iniziativa per ricordare il sacrificio fatto dai nostri Cari compaesani Gornesi in un momento tristissimo della vita della nostra Patria .
Ma perché raccontare queste vicende? Si, sono passati ormai settant’anni, ma storie come queste vanno sempre ricordate, perché devono essere strappate all’oblio. E lo si può fare solo in questo modo:raccogliendo le testimonianze, custodendole con cura e facendole conoscere a più gente possibile, in modo che più nessuno possa dire come allora “Io non sapevo”.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *