Page 15 - il viaggio dello zinco
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LA RISCOPERTA DELLE MINIERE E LE SOCIETÀ MINERARIE e miniere di zinco della Valle del Riso erano conosciute e coltivate già in epo- ca romana quando quassù erano mandati i condannati a "cavar metallo". L Plinio il Vecchio nato a Como nel 23 d.C. e morto nel 79 durante l'eruzione del Vesuvio, grande studioso e naturalista, nel primo capitolo del 34° libro della sua opera scientifica "Naturalis Historia" ricorda che nella parte più settentrionale del territorio di Bergamo esiste una pietra chiamata "cadmia", che altro non è che la no- stra calamina cioè lo zinco (i vocabolari di latino, anche i più antichi, affermano infatti che la cadmia è una "lapis calaminarhts " ossia "pietra calamina "). E' probabile che le minie- re più antiche fossero appunto nel bergamasco, a Dossena ed a Corno, mentre la zona di Oltre il Colle rimase inesplorata per secoli e quindi qui le miniere vennero aperte più tar- di rispetto a quelle già citate. Il medico ed educatore tedesco Giorgio Agricola (1494/1555), conosciuto partico- larmente quale autore del trattato minerario e metallurgico "De re metallica", confer- ma quanto scritto da Plinio il Vecchio in merito all'esistenza nell'antichità di miniere nella bergamasca. Alcuni storici ritengono che prima dei romani le miniere fossero sta- te sfruttate dagli Etruschi per ricavarne bronzo. Dopo la caduta dell'impero romano (476 d.C.), pur mancando notizie, si potrebbe ipotizzare la presenza di un'attività estrattiva anche durante il medioevo. D'altronde Cantiere "Selvatici" quando gli uomini delle comunità di Corno, Parre e Premolo acquistarono con atto di nel ribasso permuta in data 11 giugno 1171, rogato dal notaio Galamino, alcuni monti, tra questi Riso/Farina: i! minatore posiziona vi era anche quello denominato "Celamina", oggi monte Zambia. Tale nome può quin- l'esphsivo con di far supporre che su quel monte esistessero o fossero esistite miniere di calamina. il calcatoio (1972) Storia o leggenda? Ma la tradizione è giunta ai nostri giorni: sembra che la contra- da De Magris (attuale Peroli Bassi) a Corno fosse abitata dai ghibellini, pisani che nel medioevo sfruttavano le miniere di Costa Jels; da qui il cognome Gibellini, esistente anche oggi a Corno. Un'antica costruzione a forma di torre, recentemente ri- strutturata a regola d'arte, rende credibile quanto ci hanno tra- mandato i nostri avi. La certezza della ripresa si ha solamente con il decreto del 9 aprile 1482 della Repubblica Veneta che autorizzava la riaper- tura delle miniere. Lo storico bergamasco padre Celestino Col- leoni (1568-1635) scrive infatti: "// Principe concesse ad alcuni de Corno della Valle Seriana che potessero per venticinque anni far cavar nei monti, e nei luoghi della Valle Seriana e Brembana Superiori, oro, argento, e altri metalli di qualunque sorte, pagando la decima al Do- minio, con questa condizione che dove eglino cominciassero a cavar, nessun altro potesse cavar ivi vicino ad un miglio; e con questa di- chiarazione, che se vorrann cavar in qualche luogo privato, ciò faccia- no col consenso del Patrone...".1" A questo proposito anche don Gian Battista Ceruti (1790-1862), gornese e parroco di Corno per trentasei anni, in un suo manoscritto del 1858 scrive: "Le suddette miniere furono in più luoghi aperte e scavate nell'anno 1483 e seguenti... dalla Serenissima Repubblica di Venezia con suo decreto Celestino Colleoni, "Historia quadripartita di Bergamo e il suo territorio", stampata a Bergamo nel 1617.