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Chiesa della Santissima Trinità

Chiesa della Santissima TrinitàPopolare
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LA CHIESA DELLA S. S. TRINITÀ

La chiesa della S.S. Trinità era già esistente prima della fine del XVI secolo, anche se è verosimile ritenere che successivamente sia stata fatta oggetto di ampliamenti e ristrutturazioni.  Infatti il 29 giugno 1594 il consiglio comunale di Gorno nei “Capitoli per il curato” delibera che lo stesso “sia obligato al dì della S .ma Trinità a dir la mesa alla gisuola posta in Grumello et la terza festa di Pasqua di Resurecione et la terza festa della Pentecoste”. Sopra il portale in pietra è inciso l’anno 1633 e la scritta ”Introite in atria eius”.


Fu consuetudine della Parrocchia e del Comune di Gorno tenere nella casa attigua alla chiesa della S. S.Trinità un romito (remet); uno dei  suoi compiti era quello di suonare le due campane della chiesa (la più antica reca inciso l’anno 1595, l’altra l’anno 1769) per annunciare il cattivo tempo, dall’inizio di maggio alla fine di settembre di ogni anno.

Nel 1993 la chiesa è stata oggetto di  consistenti opere di ristrutturazione sia all’interno che  all’esterno, sempre grazie al lavoro degli infaticabili volontari gornesi.

(foto Mario Varischetti)
(testo di Amerigo Baccanelli)

In Val del Riso N°3 Marzo 1989

le chiese delle diocesi italiane


le campane

Il Crocefisso ligneo


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Il Crocefisso della S.S. Trinità di Gorno

Il Crocefisso della S.S. Trinità di GornoPopolare
Inviato dafabrycjxAltre foto da fabrycjx   CategoriaPUBBLICAZIONI    Ultima modifica29/5/2020 18:25    
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Il Crocefisso della S.S. Trinità di Gorno

Un testo dello storico dell'arte
Dott. Marco Albertatio
e del restauratore Luciano Gritti.

Rivista Di Bergamo
numero 101 (Genn. / Febb. / Marzo 2020)

Leggilo qui

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Suor Giuseppina

Suor GiuseppinaPopolare
Inviato dafabrycjxAltre foto da fabrycjx   CategoriaVita religiosa in Val del Riso    Ultima modifica20/5/2020 17:00    
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Suor Giuseppina,
Al secolo Marina Dal Canton, apparteneva alle “Figlie della Sapienza”, congregazione religiosa di origine francese.
Nata a Belluno nel 1892, giunse a Gorno all’età di 27 anni, nel lontano 1919. Arrivò a sera inoltrata: dopo essere giunta in treno a Ponte Nossa, un traballante calessino che l’avrebbe dovuta portare a Gorno si sfasciò a metà strada e la suora dovette proseguire a piedi nel buio e nelle strade deserte sino a raggiungere il convento delle suore della sua congregazione.
Avrebbe voluto fare la missionaria, ma la madre generale le aveva detto: “ la tua missione è a Gorno”. E lo sarebbe stata per davvero.
Maestra d’asilo, insegnò per molti anni ai bambini, per poi vederli giovani e adulti. Tante generazioni di gornesi passarono dai suoi insegnamenti.
Ma il senso della missione la fece prodigare anche in molte altre attività: l’animazione delle compagnie teatrali femminile e maschile e dei saggi per bambini e ragazzi, l’assistenza a poveri ed ammalati, il catechismo festivo, la preparazione dei bimbi alla prima comunione.
Nel 1959 fu festeggiata per il quarantesimo a Gorno ed in quell’occasione l’Amministrazione comunale la insignì di una medaglia d’oro.
Nel 1966 a Monte di Nese ricevette dal Consiglio di Valle il premio “Fedeli alla montagna” per “la sua opera di educatrice in favore dei bambini.”
In quell’anno, il 15 settembre, dopo ben 47 anni di permanenza Suor Giuseppina lasciò Gorno per Menaggio, dove morì il 17 settembre 1982. Venne sepolta nel cimitero di Gorno; infatti
nel 1969 l’Amministrazione comunale le aveva concesso la cittadinanza onoraria quale “piccola ricompensa di quanto ha fatto nel suo operare quotidiano per la nostra comunità di Gorno”.
Nell’immagine Suor Giuseppina (la “suorina” come veniva affettuosamente chiamata) accompagna i bimbi dell’asilo, in divisa, in occasione di due funerali nel 1953 e nel 1956.
Sino alla metà degli anni sessanta del secolo scorso era infatti consuetudine portare i bimbi dell’asilo alle processioni religiose ed ai funerali, accompagnati dalla loro maestra

Articolo di Amerigo Baccanelli

vedi anche "la presenza delle suore a Gorno"



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QUADERNI BOLOTANESI

QUADERNI BOLOTANESIPopolare
Inviato dafabrycjxAltre foto da fabrycjx   CategoriaPUBBLICAZIONI    Ultima modifica15/4/2020 15:05    
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Donne di miniera di Sardegna e Lombardia
Autore Ornella Becheroni


In questo libro si parla delle taissine di Gorno



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Peroli Bassi

Peroli BassiPopolare
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Gorno
Peroli Bassi anni 70 del secolo scorso

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Turbina

TurbinaPopolare
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Renzo Larco scrive al'incirca nel 1920

RICCHEZZE DELLA BERGAMASCA

LE MINIERE  DI  ZINCO  DELLA VALLE RISO

Poco prima di Ponte di Nossa il torrente Riso mette nel Serio. Il Riso discende dal Colle di Zambla e bagna una valle che, pur tra le minori e di più modesta rinomanza di questa regione prealpina lombarda, offre al visitatore varietà di panorami e nella sua stessa disadorna crudezza un contrasto di bellezze tra il fondo valle e le impervie coste montane spesso ammantate di folto bosco, che si sollevano ai fianchi con impetuosi sbalzi. La Valle Riso è destinata a far parte di quella bella strada interprovinciale che congiungerà il lago di Como e il lago d'Iseo, che cioè partendo e da Lecco e da Bellano convergerà su Maggio di Valsassina, per proseguir quindi per Vedeseta in Val Taleggio, toccando poi San Giovanni Bianco, San Pellegrino, Dossena, Oltre il Colle, Oneta, Clusone e Lovere, e sfociar qui sulla strada del Tonale. Sarà quindi, Valle Riso, frequentata dai viaggiatori dei grandi itinerari, e varrà anch'essa a mettere in valore dal punto di vista turistico la zona bergamasca, che ha per questo aspetto un sicuro avvenire.
Ma quell'ammasso montagnoso che da Cornalba a Serina, da Oltre il Colle al Passo di Zambla raccoglie nei suoi recessi conche prative e dossi boscosi, belvederi pittoreschi e campi di neve ormai già ricercati dai villeggianti estivi e dagli appassionati degli sport invernali, rinserra anche, nelle sue vi¬scere profonde, interessanti giacimenti di minerali. Allineamenti mineralizzati di materiali zinciferi serpeggiano da nord a sud tra Parre e Camerata Cornello, con andamento capriccioso, concentrandosi nelle fratture e cavità d'un calcare dolomitico dell'epoca del trias. Essi rivelano la loro presenza a Camerata, a Dossena e a Oltre il Colle sul versante della Brembana; a Oneta, a Gorno, a Premolo e a Parre sul versante della Seriana.
Ecco presso Gorno una piccola centrale elettrica alimentata dall'acqua del Riso derivata con tubazione. Ecco un forno per la calcinazione del minerale. Ed ecco ancora un grandioso impianto di laveria. Siamo già nella zona d'una miniera di zinco. Curiosa forma tozza a tino hanno questi forni, alti circa sei metri. La calamina, così i metallurgici chiamano tanto il carbonato che il silicato di zinco  che vi si getta per la calcinazione ivi riduce quasi d'un quarto il suo peso, ed elimina l'anidride carbonica, con l'acqua di cristallizzazione e la naturale umidità. Il minerale vi è disposto a strati alternati con altri strati di combustibile polverizzato; è una calcinazione lenta che si compie a una temperatura che oscilla tra gli ottocento e i novecento gradi. Per il materiale più minuto vi sono forni rotativi di calcinazione con focolare ad iniezione di carbone polverizzato, del tipo di quelli usati per la fabbricazione del cemento Portland artificiale.
Più interessante per il profano visitatore è però il lavoro che si compie nelle laverie. La laveria è un piccolo mondo infernale. Un fragore digrignante di ferraglie la empie, altissimo, come se mostri spaventevoli stritolassero, con le loro implacabili mascelle possenti, senza un istante di sosta, frantumi di catene, valanghe di macigni.
Il lavoro incomincia  dall'alto, dal tetto.
Un piano inclinato porta dalle banchine di deposito a una tramoggia di carico il materiale che fu raccolto nelle gallerie di scavo. E su in alto, in cima al piano inclinato, il materiale vien quindi rovesciato su griglie in cui si eliminano i pezzi più grossi. Incomincia allora il viaggio avventuroso dei frammenti del minerale calaminare, lucente, dalle fratture ineguali, di color bianco, giallo, bruno, verde, ceruleo. Cade e precipita, rotola e scivola, sbalza, saltella, corre e rimbalza, si sofferma un attimo attonito per rincominciare la sua corsa sincopata o sdrucciolante. E' un tamburellamento di ciottoli, un grandinare di pietre intermittente. L'acqua si mescola, regola ed accelera questa caduta a film concatenata.
Il minerale discende di piano in piano con lungo zigzagare; e di cernita in cernita si fa più piccolo; elimina sempre maggiori scorie, la parte ricca dalla ganga; si sgrossa e si purifica; s'ingorga nei frantoi a mascelle che lo sottopongono a una interminabile maciullazione; esce dalla stretta sfinito, ma è ripreso spietatamente in crivelli d'ogni tipo e forma: a tamburo, piatti, a nastro, che Io trattengono al tormento di nuove e sempre più minute selezioni.
L'alveare gigantesco che è la laveria stilla acqua da tutte le sue cavità, da tutte le sue giunture. Per il lavaggio e per la selezione delle particene pesanti le buone dalle più leggere le sterili, occorrono quantità ingenti d'acqua, più che seimilacinquecento litri al minuto primo. E ingegnosissimi macchinari riempiono ogni ripiano; macchinari grandiosi, che dimostrano quanta sottigliezza d'ingegno ha presieduto alla loro creazione. Questa sola laveria di Gorno che è di media capacità, può trattare novanta tonnellate di materiale al giorno, costruita come fu per una elaborazione di dieci tonnellate orarie. Lo zinco è proprio qui che sottoscrive il suo atto di nascita. Da queste manciate di sporca sabbietta usciranno un giorno un imbuto, un elemento di pila, un cliché. Ma quanto mondo dovrai ancora percorrere, o calamina della mia bella Bergamasca, dopo che da questo momento ci saremo separati...
Entriamo adesso nelle viscere del monte, nel tunnel che ci porta alle gallerie ove avviene lo scavo del materiale zincifero. La galleria penetra nella montagna, diritta, piana, comoda. Dei binarietti lasciano scivolare rosari di vagoncini colmi di minerale, che cavalli e muli abituati all'oscurità trascinano. A mille e cinquecento metri addentro nel monte, in una grotta scavata a furia di mine, è installata la centrale elettrica: due turbine delle Costruzioni Meccaniche Riva; e due alternatori del Tecnomasio Italiano, l'uno che può fornire centosessanta, l'altro centotrenta KVA. Questa Centrale che funziona da due anni sviluppa la forza necessaria a mettere in attività piena la miniera, e può anche fornire l’illuminazione a molti paesi, come Gorno, Oneta, Oltre il Colle.
La miniera, meglio le miniere di Valle Riso, ramificano nel grembo delle montagne più che cento chilometri di gallerie per ogni senso, in alto e in basso, di sbieco, trasversalmente. Qui s'apre il buco d'una discenderia, cioè d'una galleria di scavo che discende. La galleria è angusta, diseguale, e il terreno è sdrucciolevole, inclinato spesso come una scala. Discendono i tubi dell'aria compressa, che mettono lontano in azione i martelli perforatori. Le calamine sotto forma concrezionata o terrosa formano ammassi irregolari dove i martelli possono a loro agio mordere. Il minerale estratto viene sollevato a mezzo di piani inclinati, e lo scarico si compie automaticamente.
Più in alto, nella vallata del Riso e nella laterale valletta dell'Orso, intorno a Oneta, fino a Oltre il Colle, altri cantieri, altri forni, altre laverie moltipìicano l'intenso, disciplinato lavoro.
Queste miniere della Bergamasca furono certo coltivate qua e là in tempi in cui non si conosceva la polvere. I romani designarono il minerale di zinco col nome di cadmia. Ma una conoscenza più diffusa in questo ramo ebbero gli orientali, sopratutto i cinesi. I portoghesi importarono lo zinco dall'Oriente in Europa a partire dal secolo XVI, e si finì per sorprendere il segreto dei procedimenti cinesi. Non fu però che al principio del secolo XIX che un chimico di Liegi, Daniele Dony, pervenne a determinare un metodo di riduzione, che permise d'ottenere a un prezzo ragionevole, uno zinco sufficientemente malleabile per essere laminato. Il procedimento Dony è, ancora oggi, il migliore fra quanti sono stati poi ideati per fabbricare lo zinco, per via termica.
Ora da un antico luogo e dal nome tradizionale di una antica miniera situata a Moresnet, ai confini dell'antico Ducato di Limburgo e del Principato di Liegi, derivò la propria insegna la Società della Vielle Montagne, che si costituì in Belgio nel 1837. Questa Società possedeva all'atto di costituzione soltanto la miniera di calamina di Moresnet, la fonderia di zinco di San Leo¬nardo, a Liegi; i due piccoli laminatoi di Hom e di Houx, in Francia; infine sulle rive del’Ourthe, l'officina d'Angleur, ancora in costruzione.
Ma qualche mese più tardi la Società già acquistava i laminatoi di Bray, in Francia, di Tilff, in Belgio. E se gli inizi furono laboriosi e lo sviluppo s'operò lentamente, presto, a partire dal 1853, incominciò l'espansione progressiva e sempre più accentuata. Venivano acquistate miniere e officine in Svezia, in Germania, in Sardegna, in Algeria e in Tunisia, in Francia lungo le coste del Mediterraneo e nei dipartimenti del Nord; quindi in Inghilterra e infine ancora in Italia, nell'Italia settentrionale. In breve questa Società dirigeva nel 1927 il lavoro di 32 stabilimenti, produceva 153.000 tonn. di minerali finiti, 97.578 tonn. di zinco in pani, 67.184 tonn. di zinco laminato, 24.483 tonn. di ossido di zinco, 15.400 tonn. di piombo, 25.140 kg. di argento, 91.000 tonn. di acido solforico.
Le miniere che la « Vieille Montagne » possiede in Bergamasca si possono dividere in due gruppi. Un gruppo è quello costituito dalle miniere d'Oltre il Colle (Oltre il Colle, Serina, Dossena) e di Parre e di Premolo, che la Società possiede da oltre trentanni. L'altro gruppo è quello più propriamente formato dalle miniere di Valle Riso e dell'Orso, cioè di Gorno e d'Oneta che la Società acquistò cinque anni fa da altra società inglese.
E' interessante a questo punto notare che la prima attenzione in tempi recenti, fu richiamata su queste miniere di Valle Riso da un minatore bergamasco il quale andato a lavorare in Sardegna ritornò con qualche cognizione empirica di cose minerarie e notò la natura delle roccie e ne parlò a un genovese, tale Sileoni Giacomo, che richiese al Governo la concessione, questo avveniva nel 1871 e con capitali limitati iniziò lo sfruttamento delle miniere. Ma per l'esiguità dei suoi capitali, in imprese di questo genere in cui occorrono larghe riserve, presto l'intraprendente industriale si trovò a mal partito; cedeva allora le sue concessioni a certi inglesi che, infine, costituirono la English Crown Spelter Co.
L'altro gruppo di miniere, quelle d'Oltre il Colle, furono, anch'esse, in modo simile riscoperte. Fu qui un livornese, certo Modigliani, che in Sardegna avendo sentito parlare vagamente dei giacimenti zinciferi della Bergamasca, volle conoscerli e poi sfruttarli. Ma ben presto fallì. Passarono quindi in mano, queste miniere, della Banca Romana e della Banca d'Italia, finché vennero acquistate dalla Vieille Montagne la quale, d'altra parte, metteva in valore, grazie alla sua iniziativa ed esperienza, giacimenti contigui. Essa adesso impiega nei due centri minerari oltre mille operai: un buon terzo nella zona d'Oltre il Colle; gli altri nella seconda zona.
Oggi noi assistiamo a una abile e vasta e razionale ripresa di sfruttamento a una vera rivalorizzazione delle miniere di Valle Riso e dell'Orso, che dopo i1 periodo turbinoso della guerra e dell'immediato dopo¬guerra parevano esaurite; e restarono infatti chiuse due anni, con grandissimo danno degli abitanti delle valli, che sul lavoro nelle miniere in gran parte vivono, dato che ben scarse risorse locali d'altro genere esistono.
Ma in questi ultimi cinque anni queste miniere d'Oneta e di Gorno sono state diligentemente rimesse in ordine e, sotto la guida dell'ing. Luigi Noble, direttore dell'intero gruppo di miniere della Vieille Montagne in Bergamasca, con attenzione e intelligenza studiate dagli ingegneri Fermo Lecchi, Bernardino Bargelli, Giovanni Masobello, coadiuvati  da squadre di tecnici, periti minerari e capi minatori, per la maggior parte nativi di questa forte terra orobica. Oggi tutto un ciclo complesso e imponente di preparazione è compiuto. Sono stati approfonditi e bene indirizzati gli scavi in galleria, ingigantiti gli impìanti elettrici, lanciate teleferiche tra monte e valle e ampliati i cantieri e riorganizzate e moltiplicate le laverie. Presso Gorno è sorta una frazione nuova e modernissima di palazzine per gli uffici di direzione e d'amministrazione, per gli alloggi degli impiegati, per lo  spaccio delle merci di maggior consumo ove tutti gli operai possono a prezzi fino inferiori a quelli di calmiere rifornirsi. Un forno a vapore produce quotidianamente il pane; una bibliotechina offre a chi lo chiede i1 pane  dell'intelligenza  e  dell'anima; un circolo permette ore di sano svago.
E' un centro fecondo di lavoro e di produzione che s'aggiunge ai tanti che mirabilmente funzionano in questa terra di Bergamo, «sonante d'industrie ordinate, protesa alle conquiste più nuove».

Renzo Larco
copia del documento originale

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Don Amilcare Frigeri

Don Amilcare FrigeriPopolare
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Don Amilcare Frigeri

Curato a Gorno dal 1961 al 1970

In val del Rido N° 116 ottobre 2006


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Funivia Gorno-Chignolo

Funivia Gorno-ChignoloPopolare
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Funivia Gorno-Chignolo
Quando qualcuno ipotizzò una funivia tra Gorno e Chignolo di Oneta


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Don Severino Tiraboschi

Don Severino TiraboschiPopolare
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Don Severino Tiraboschi
(di Zambla)Parroco a Gorno dal 1951 al 1958

Don Severino Tiraboschi, parroco di Gorno, caduto dalla motoretta mentre tornava da Clusone dov’era stato a comperare le medaglie “per i noscc matei” ( per i nostri bimbi) della prima comunione . Così l’han voluto ricordare i Gornesi: con una croce rivolta su Gorno, ma anche Zambla, paese di don Severino.


In Val del Riso N° 6 Giugno 1988


Sö la sema del Grem


Lé sö cutra cel, sö la sema dè Grem
svet öna Crus. ‘L par la uses a ‘n dol fosch,
a töta us: zecc, üliff be töcc en sèm!
Dèdicada al nòst prèòst Tirabosc,

che l’é mort per vis endacc sö a Clüsu
a tö i medaie per i noscc matei,
‘l la prima cümüniù. Per chela missiù
‘l sé dècorat dè öna di piö bèi!

Ergü, le sö a chela Crus, ogni tat,
i và a portà ü mas de fiur dé prat.
Po i prega per la mama, per ol tus.
E tött lé bel, ‘l par tocà ol ciel col dit,
perché piö negota è’l ghé dé scundìt.
Ü de l’ot ‘l sa set fradel e ‘ssa öl be.

traduzione

Sulla cima del monte Grem


Lassu vicino al cielo, sulla cima del Grem
si vede una croce. Pare che gridi nel buio,
a squarciagola: Gente vogliamoci tutti bene!
Dedicata al nostro parroco Tiraboschi,

che è morto per essere andato a Clusone
a prendere le medaglie per i nostri figli,
per la prima comunione. Per quella missione
si è decorato di una delle più belle!

Qualcuno lassù a quella croce ogni tanto,
porta un mazzo di fiori di prato.
Poi pregano, per la mamma, per il figlio.
E tutto è bello, sembra di toccare il cielo con un dito,
perché più niente è nascosto.
Uno dell’altro si sente fratello e ci si vuole bene.

(tratto da:"Bei laur de Goren" di Gino Scolari)





QUADRO DI CONTROLLO CENTRALE CAVRERA

QUADRO DI CONTROLLO CENTRALE CAVRERAPopolare
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Miniere di Gorno

QUADRO DI CONTROLLO CENTRALE CAVRERA

CENTRALI IDROELETTRICHE PER USO MINIERA

Per soddisfare i bisogni di energia elettrica legati all'attività mineraria, furono richieste in tempi successivi alcune concessioni di derivazione d'acqua. La prima domanda venne fatta nel 1893 e l'ultima nel 1929. Un centrale costruita dalla Crown Spelter fu la centrale Val Rogno, di cui oggi resta il fabbricato ad uso ristorante all’inizio della Val del Riso nella località Centrale, che ne ha preso il nome.

A seguito delle istanze favorevolmente accolte, la "Vieille Montagne" allora proprietaria della miniera, costruì due impianti di modesta potenza denominati rispettivamente "Cavrera" e "Costone poi dedicata a Luigi Noble", quest'ultimo impianto ubicato presso il Ponte del Costone in territorio di Casnigo.

La prima centrale denominata Cavrera venne realizzata accanto all'omonimo ponte della Cavrera, è possibile tuttora osservare i resti dell'edificio in completa rovina, sull'antico percorso per Chignolo, provvista di una dinamo ma senza alternatore, capace quindi di produrre energia elettrica solo in corrente continua.

Successivamente, nel 1925 la centrale venne spostata all'interno del ribasso Riso in una camera sotterranea, a 1300 mt dall’imbocco principale, dotata questa volta di due turbine delle Costruzioni Meccaniche Riva, e due alternatori della Tecnomasio capaci di sviluppare rispettivamente 160 KVA e 130 KVA in corrente alternata.
Le acque turbinate della centrale Cavrera vennero canalizzate fino alla galleria denominata Maometto, realizzata nel 1930 per portare l’acqua alla centrale del Costone, La quale era dotata di 3 generatori da 500 kw/h cadauno.

Vennero così soddisfatte allora le totali esigenze della miniera consentendo di fornire anche l'illuminazione ai paesi di Gorno, Oneta. Una parete della sala dove sono collocate le turbine venne affrescata con una certa efficacia da un pittore dilettante di Casnigo del quale si è perduto il nome.
Nel 1949 la societa' S.A.P.E.Z., incaricava il geologo Ardito Desio per lo studio di fattibilità di un invaso da realizzare in Val Noseda; il parere tecnico fu positivo ma non fu dato seguito al progetto.


foto di Serafino Zanotti

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